Terlizzi
in prima linea contro la Degenerazione Maculare Legata all’Età
(DMLE)
Campagna di
informazione e sensibilizzazione per la difesa della vista
La Degenerazione
Maculare Legata all’Età (DMLE) è la prima causa di cecità legale
nei Paesi occidentali, ma solo il 28% della popolazione ne ha sentito
parlare. In Puglia sono 1.260 i nuovi casi ogni anno. Una diagnosi
tempestiva può salvare la vista.
Terlizzi,
9 novembre 2010 –
Distorsione delle immagini, calo del visus, perdita della visione
centrale, in altre parole ciò che si fissa viene coperto da una
macchia. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la
Degenerazione Maculare Legata all’Età è la prima causa di cecità
legale e ipovisione negli ultrasessantenni nei Paesi industrializzati
e la sua incidenza è destinata a crescere nei prossimi anni a causa
del progressivo invecchiamento della popolazione. Ne soffre circa un
milione di italiani e oltre 260.000 sono colpiti dalla forma più
grave, quella neovascolare, che può condurre alla perdita della
vista. Nella sola Puglia
si registrano 1.260 nuovi casi ogni anno.
La Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE), tuttavia, è
conosciuta da meno di un terzo degli italiani.
Accendere i
riflettori sulla Degenerazione Maculare Legata all’Età, promuovere
l’informazione sulla malattia e favorire la diagnosi precoce sono
gli obiettivi della campagna “Salva
la Vista”, ospitata
a Terlizzi.
L’iniziativa, promossa dalla IAPB
Italia onlus,
è organizzata in
collaborazione con l’Ospedale
“M. Sarcone” di
Terlizzi
e realizzata con il sostegno di Novartis
e con il patrocinio
del Comune di
Terlizzi.
Prevenzione,
diagnosi precoce e opportunità terapeutiche: sono questi gli
argomenti che verranno affrontati nell’incontro aperto al pubblico
che si terrà a Terlizzi
venerdì 12 novembre
alle ore 17.00,
presso la Biblioteca
Comunale “Luigi Marinelli Giovene” – Salone Mons. Felice de
Paù, Via Marconi,
37/39.
Apriranno i lavori
la Dottoressa Annalisa
Altomare, Direttore
Sanitario del Plesso di Terlizzi, Molfetta e Bitonto,
e l’Ingegner
Vincenzo di Tria,
Sindaco di Terlizzi,
che porterà i saluti dell’Amministrazione.
Relatori
dell’incontro, aperto al pubblico, saranno il Dottor
Antonio Acquaviva,
Direttore dell’U.O.C.
di Oculistica dell’Ospedale “M. Sarcone” di Terlizzi,
il Dottor Vincenzo
Cipriani, Dirigente
Medico di primo livello dell’Ospedale “M. Sarcone” di Terlizzi,
e il Dottor Michele
Corcio, Direzione
Nazionale - Agenzia Internazionale per la Prevenzione della
Cecità-IAPB Italia onlus.
A
loro il compito di illustrare la complessità della funzione visiva e
di indicare come interpretare eventuali anomalie, utilizzando quando
possibile i primi sistemi di autodiagnosi,
allo scopo di tenere sotto costante controllo la salute degli occhi.
“La Degenerazione
Maculare Legata all’Età provoca un deterioramento progressivo
della macula, la parte più centrale della retina, responsabile della
visione distinta: per questo risulta impossibile compiere anche le
più semplici attività quotidiane, svolgere
lavori domestici, guidare, usare il telefono, maneggiare il denaro
– dichiara il Dottor
Antonio Acquaviva,
Direttore
dell’U.O.C. di Oculistica dell’Ospedale “M. Sarcone” di
Terlizzi –. Le
persone vanno incontro in genere anche a difficoltà motorie e a
disagio psicologico,
tanto che, secondo recenti studi, i pazienti affetti da questa
patologia risultano vivere una condizione psicologica addirittura
peggiore di quelli colpiti da altre patologie croniche. La
Degenerazione Maculare Legata all’Età ha effetti irreversibili
sulla visione e soprattutto nella forma umida, più aggressiva, ha un
decorso molto veloce”.
“È importante
poter diagnosticare tempestivamente la malattia per stabilizzare la
visione prima che si verifichi un profondo deficit visivo –
continua il Dottor
Antonio Acquaviva –.
I segnali che possono
mettere in allarme sono un lento e graduale calo della vista, visioni
di immagini o porzioni di immagini distorte e ondulate, percezioni di
aree sfuocate ed annebbiate che tendono a divenire vere e proprie
macchie scure. Nuove prospettive terapeutiche sono disponibili per la
cura dei pazienti affetti da Degenerazione Maculare Legata all’Età
neovascolare: i farmaci anti-angiogenici sono adesso disponibili
anche in Italia a carico del Servizio Sanitario Nazionale, garantendo
ai malati la possibilità di accedere ai migliori trattamenti
disponibili”.
“La
DMLE è una malattia di grande rilievo sociale, per le conseguenze
sulla qualità della vita del singolo paziente e per la crescente
diffusione legata al progressivo invecchiamento della popolazione –
dichiara il
Dott. Michele Corcio,
Direzione
Nazionale - Agenzia Internazionale per la Prevenzione della
Cecità-IAPB Italia onlus
–.
Crediamo
molto in questa iniziativa a sostegno della prevenzione che, grazie
alla preziosa collaborazione delle nostre sezioni presenti su tutto
il territorio nazionale, consente di informare sulla DMLE in modo
corretto e capillare”.
La DMLE rappresenta
nel mondo occidentale la prima causa di cecità legale e ipovisione
negli ultrasessantenni nei Paesi industrializzati. Si manifesta in
due forme, secca e umida: quest’ultima, la più grave, colpisce
l’1%
degli ultra 50enni,
il 14%
degli ultra 75enni
e oltre il 30%
degli ultra 85enni.
Nel mondo, ogni anno, circa mezzo milione di persone perde la vista a
causa della DMLE; in Italia si stima che circa 260.000 persone siano
affette dalla forma più grave, quella neovascolare, che registra
20.000 nuovi casi ogni anno, di cui 1.260
in Puglia.
Dottor
Antonio Acquaviva
Direttore
dell’U.O.C. di Oculistica dell’Ospedale “M. Sarcone” di
Terlizzi
Dottor Acquaviva, che cos’è la Degenerazione Maculare Legata all’Età e come si manifesta?
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la Degenerazione Maculare Legata all’Età è la prima causa di cecità legale e ipovisione negli ultrasessantenni nei Paesi industrializzati e la sua incidenza è destinata a crescere nei prossimi anni a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. Ne soffre circa un milione di italiani e oltre 260.000 sono colpiti dalla forma più grave, quella neovascolare, che può condurre alla perdita della vista. Nella nostra regione si registrano 1.260 nuovi casi ogni anno. La Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE), tuttavia, è conosciuta da meno di un terzo degli italiani.
Esistono alcuni segnali che possono mettere in allarme: lento e graduale calo della vista, visione di immagini o porzioni di immagini distorte o ondulate, percezione di aree sfuocate ed annebbiate che tendono a divenire vere e proprie macchie scure.
Un primo facile test per consentire di individuare precocemente alcune patologie che interessano la parte centrale della retina può essere eseguito direttamente dal paziente utilizzando la griglia di Amsler. Fissando un punto definito della griglia, è possibile controllare la funzionalità della visione centrale: nel caso alcune linee appaiano piegate o interrotte, sbiadite o ondulate, occorre parlarne subito con il proprio oculista. La griglia di Amsler rappresenta un semplice strumento di autodiagnosi.
Esiste un rapporto tra DMLE e disabilità funzionale? A parte la compromissione della vista, che tipo di aggravio fisico e psicologico può colpire i pazienti affetti dalla patologia?
Sebbene la Degenerazione Maculare Legata all’Età causi raramente una cecità totale, quando la malattia colpisce entrambi gli occhi la capacità del paziente di svolgere le normali attività come leggere, riconoscere le facce delle persone, maneggiare denaro, guardare l’ora o guidare sono gravemente compromesse. Di conseguenza, la qualità della vita del paziente risulta notevolmente ridotta. In generale, e questo si riscontra soprattutto nella pratica clinica, il deficit funzionale che pesa maggiormente sui pazienti è senza dubbio l’incapacità di leggere, che è vissuta come una delle cose più penalizzanti: molti dei pazienti a cui viene diagnosticata questa patologia considerano infatti la lettura come il confine tra la disabilità e la normalità.
A parte ciò, tuttavia, è chiaro che la diminuzione della vista conduce in senso generale ad una perdita di indipendenza, all’impossibilità di partecipare ad attività sociali e di svago, anche perché la compromissione visiva riduce molto la mobilità e aumenta il rischio di danni causati da cadute. Infine, non è da escludere la diminuzione dell’auto-stima associata alla malattia, che può essere causa di stress e fonte di debilitazione con il risultato finale di portare il paziente ad una crescente situazione di isolamento e, nelle forme più gravi, anche alla depressione. Non bisogna dimenticare infatti che nella forma di DMLE essudativa la progressione della malattia è molto veloce: in soli 6 mesi si passa da una buona visione ad una situazione di ipovisione. Abituarsi psicologicamente alla nuova condizione è un evento traumatizzante nella vita del paziente soprattutto per la rapidità con cui si manifesta. L’aggravio psicologico è talmente alto che, secondo una recente indagine, i pazienti affetti da Degenerazione Maculare risultano vivere una condizione psicologica addirittura peggiore di quella di un malato oncologico.
Qual è l’impatto della DMLE sulla famiglia del paziente e, in generale, sulla società? Secondo la sua esperienza, in considerazione dell’incremento dell’età media della popolazione e conseguentemente della DMLE, si può prevedere per tale patologia un aumento dei costi sociali diretti e indiretti?
E’ molto importante il ruolo che riveste la famiglia del paziente affetto da Degenerazione Maculare durante il decorso della malattia; è infatti proprio la famiglia che dà l’appoggio psicologico di cui necessita il paziente, nonché l’aiuto concreto per affrontare la vita di tutti i giorni. E’ evidente che l’assistenza di un paziente maculopatico ha un costo che si ripercuote direttamente sul malato e sul suo entourage familiare. Ma non solo. In considerazione dell’aumento dell’età media della popolazione e quindi della maggiore incidenza della malattia, nei prossimi anni non sono da sottovalutare i costi che graveranno anche sullo Stato in termini di assistenza: avere un visus di 1/20, come accade molto spesso nei pazienti maculopatici, ed essere quindi in una condizione di cecità legale dà diritto per esempio ad avere un riconoscimento anche a livello pensionistico.
In che modo l’evoluzione della terapia e i progressi fatti nel campo dell’oftalmologia hanno influito nel trattamento della DMLE sino ad oggi?
Fino a qualche tempo fa, l’unica terapia a disposizione per il trattamento della DMLE era la fotocoagulazione laser. Questa terapia aveva efficacia in circa il 10% dei pazienti, era indicata solo nel caso in cui i neovasi si formavano lontano dal centro della macula ed era efficace solo in aree di dimensione molto limitata. Successivamente si è passati alla terapia fotodinamica che ha consentito un passo in avanti in quanto permetteva di trattare quella parte di pazienti che non poteva subire il laser: statisticamente la terapia fotodinamica si è dimostrata molto utile poiché, pur non restituendo la vista, riusciva a bloccare spesso la progressione della malattia. Un’ulteriore evoluzione nel trattamento della DMLE è quella degli inibitori del Fattore di Crescita Vascolare Endoteliale (VEGF) che sono entrati da pochissimo nel prontuario terapeutico. I farmaci antiangiogenici sono più mirati in quanto agiscono bloccando proprio il VEGF-A, proteina che induce l’angiogenesi, alla base dello sviluppo e della progressione della Degenerazione Maculare neovascolare.
Oggi siamo in grado, in numerosi casi, non solo di arrestare la progressione della malattia ma anche di stabilizzare la funzione visiva iniziale e in alcuni casi permettere un guadagno dell’acuità visiva.
Con questo nuovo avvento terapeutico ci sono quindi delle ottime probabilità che la vista del paziente migliori e che il miglioramento venga mantenuto nel tempo. Pertanto, per il paziente, ma anche per il medico, si apre una nuova prospettiva di cura e un nuovo approccio alla malattia: si può infatti comunicare al paziente un’evoluzione più positiva rispetto al passato quando ci si limitava a trattare il paziente con la consapevolezza che si poteva intervenire solo per limitare i danni ed evitare che la situazione si aggravasse ancora di più.
Come si traduce questo vantaggio terapeutico in termini di qualità della vita?
E’ chiaro che più alto è il livello funzionale, migliore è l’approccio con la vita, sia in senso psicologico che pratico. Come già sottolineato, la capacità di lettura è una delle funzioni che fa la differenza: riuscire a leggere è una cosa fondamentale, non solo leggere un giornale o una rivista, ma anche le cose importanti come l’elenco del telefono, i bugiardini delle medicine e così via. Per alcuni, avere una buona vista è utile anche professionalmente, si pensi per esempio agli artigiani o ai pittori. A questo si devono poi aggiungere tutte le necessità legate alla vita moderna come, per esempio, l’utilizzo dell’automobile. Possiamo affermare che avere un trattamento che la preservi l’acuità visiva rende la malattia meno invasiva e, in un certo senso, dà la possibilità di soddisfare anche alcune esigenze dettate dalla società contemporanea.
Per informazioni: Bruna Zancocchia, Novartis Farma – Tel. 02/96543361
Un primo facile test per consentire di individuare precocemente alcune patologie che interessano la parte centrale della retina può essere eseguito direttamente dal paziente utilizzando la griglia di Amsler. Fissando un punto definito della griglia, è possibile controllare la funzionalità della visione centrale: nel caso alcune linee appaiano piegate o interrotte, sbiadite o ondulate, occorre parlarne subito con il proprio oculista. La griglia di Amsler rappresenta un semplice strumento di autodiagnosi.
Esiste un rapporto tra DMLE e disabilità funzionale? A parte la compromissione della vista, che tipo di aggravio fisico e psicologico può colpire i pazienti affetti dalla patologia?
Sebbene la Degenerazione Maculare Legata all’Età causi raramente una cecità totale, quando la malattia colpisce entrambi gli occhi la capacità del paziente di svolgere le normali attività come leggere, riconoscere le facce delle persone, maneggiare denaro, guardare l’ora o guidare sono gravemente compromesse. Di conseguenza, la qualità della vita del paziente risulta notevolmente ridotta. In generale, e questo si riscontra soprattutto nella pratica clinica, il deficit funzionale che pesa maggiormente sui pazienti è senza dubbio l’incapacità di leggere, che è vissuta come una delle cose più penalizzanti: molti dei pazienti a cui viene diagnosticata questa patologia considerano infatti la lettura come il confine tra la disabilità e la normalità.
A parte ciò, tuttavia, è chiaro che la diminuzione della vista conduce in senso generale ad una perdita di indipendenza, all’impossibilità di partecipare ad attività sociali e di svago, anche perché la compromissione visiva riduce molto la mobilità e aumenta il rischio di danni causati da cadute. Infine, non è da escludere la diminuzione dell’auto-stima associata alla malattia, che può essere causa di stress e fonte di debilitazione con il risultato finale di portare il paziente ad una crescente situazione di isolamento e, nelle forme più gravi, anche alla depressione. Non bisogna dimenticare infatti che nella forma di DMLE essudativa la progressione della malattia è molto veloce: in soli 6 mesi si passa da una buona visione ad una situazione di ipovisione. Abituarsi psicologicamente alla nuova condizione è un evento traumatizzante nella vita del paziente soprattutto per la rapidità con cui si manifesta. L’aggravio psicologico è talmente alto che, secondo una recente indagine, i pazienti affetti da Degenerazione Maculare risultano vivere una condizione psicologica addirittura peggiore di quella di un malato oncologico.
Qual è l’impatto della DMLE sulla famiglia del paziente e, in generale, sulla società? Secondo la sua esperienza, in considerazione dell’incremento dell’età media della popolazione e conseguentemente della DMLE, si può prevedere per tale patologia un aumento dei costi sociali diretti e indiretti?
E’ molto importante il ruolo che riveste la famiglia del paziente affetto da Degenerazione Maculare durante il decorso della malattia; è infatti proprio la famiglia che dà l’appoggio psicologico di cui necessita il paziente, nonché l’aiuto concreto per affrontare la vita di tutti i giorni. E’ evidente che l’assistenza di un paziente maculopatico ha un costo che si ripercuote direttamente sul malato e sul suo entourage familiare. Ma non solo. In considerazione dell’aumento dell’età media della popolazione e quindi della maggiore incidenza della malattia, nei prossimi anni non sono da sottovalutare i costi che graveranno anche sullo Stato in termini di assistenza: avere un visus di 1/20, come accade molto spesso nei pazienti maculopatici, ed essere quindi in una condizione di cecità legale dà diritto per esempio ad avere un riconoscimento anche a livello pensionistico.
In che modo l’evoluzione della terapia e i progressi fatti nel campo dell’oftalmologia hanno influito nel trattamento della DMLE sino ad oggi?
Fino a qualche tempo fa, l’unica terapia a disposizione per il trattamento della DMLE era la fotocoagulazione laser. Questa terapia aveva efficacia in circa il 10% dei pazienti, era indicata solo nel caso in cui i neovasi si formavano lontano dal centro della macula ed era efficace solo in aree di dimensione molto limitata. Successivamente si è passati alla terapia fotodinamica che ha consentito un passo in avanti in quanto permetteva di trattare quella parte di pazienti che non poteva subire il laser: statisticamente la terapia fotodinamica si è dimostrata molto utile poiché, pur non restituendo la vista, riusciva a bloccare spesso la progressione della malattia. Un’ulteriore evoluzione nel trattamento della DMLE è quella degli inibitori del Fattore di Crescita Vascolare Endoteliale (VEGF) che sono entrati da pochissimo nel prontuario terapeutico. I farmaci antiangiogenici sono più mirati in quanto agiscono bloccando proprio il VEGF-A, proteina che induce l’angiogenesi, alla base dello sviluppo e della progressione della Degenerazione Maculare neovascolare.
Oggi siamo in grado, in numerosi casi, non solo di arrestare la progressione della malattia ma anche di stabilizzare la funzione visiva iniziale e in alcuni casi permettere un guadagno dell’acuità visiva.
Con questo nuovo avvento terapeutico ci sono quindi delle ottime probabilità che la vista del paziente migliori e che il miglioramento venga mantenuto nel tempo. Pertanto, per il paziente, ma anche per il medico, si apre una nuova prospettiva di cura e un nuovo approccio alla malattia: si può infatti comunicare al paziente un’evoluzione più positiva rispetto al passato quando ci si limitava a trattare il paziente con la consapevolezza che si poteva intervenire solo per limitare i danni ed evitare che la situazione si aggravasse ancora di più.
Come si traduce questo vantaggio terapeutico in termini di qualità della vita?
E’ chiaro che più alto è il livello funzionale, migliore è l’approccio con la vita, sia in senso psicologico che pratico. Come già sottolineato, la capacità di lettura è una delle funzioni che fa la differenza: riuscire a leggere è una cosa fondamentale, non solo leggere un giornale o una rivista, ma anche le cose importanti come l’elenco del telefono, i bugiardini delle medicine e così via. Per alcuni, avere una buona vista è utile anche professionalmente, si pensi per esempio agli artigiani o ai pittori. A questo si devono poi aggiungere tutte le necessità legate alla vita moderna come, per esempio, l’utilizzo dell’automobile. Possiamo affermare che avere un trattamento che la preservi l’acuità visiva rende la malattia meno invasiva e, in un certo senso, dà la possibilità di soddisfare anche alcune esigenze dettate dalla società contemporanea.
Per informazioni: Bruna Zancocchia, Novartis Farma – Tel. 02/96543361
Giovanna
Vetere - Noesis Comunicazione – Tel 02/83105122 – 348 3175495
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